Il mondo della luna, Venezia, Zatta, 1794

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Notte con luna e cielo stellato. Terrazzo sopra la casa di Ecclitico con torre nel mezzo, o sia specula, ed un gran canocchiale su due cavalletti. Quattro fanali che illuminano il terrazzo.
 
 ECCLITICO e quattro scolari
 
 TUTTI
 
    O luna lucente,
 di Febo sorella,
 che candida e bella
 risplendi lassù,
 
5   deh, fa’ che i nostri occhi
 s’accostino a’ tuoi
 e scopriti a noi
 che cosa sei tu.
 
 ECCLITICO
 Basta, basta, discepoli.
10Alla triforme dea le voci giunsero,
 esauditi sarete in breve termine.
 Su via, tosto sugli omeri
 prendete l’arcimassimo
 mio canocchial novissimo.
15Drizzatel su la specola
 perpendicolarmente inver l’ecclitica.
 Vuo’ veder se avvicinasi
 de’ due pianeti il sinodo,
 id est quando la luna al sol congiungesi,
20che dal mondo volgare ecclissi appellasi.
 Andate, andate subito
 pria che Cinzia ritorni al suo decubito.
 QUATTRO SCOLARI
 
    Prendiamo, fratelli,
 il gran telescopio
25o sia microscopio
 o sia canocchial;
 
    vedrem della luna
 se il tondo sereno
 sia un mondo ripieno
30di gente mortal. (Prendono il canocchiale, lo portano alla specola vedendosi spuntar fuori della sommità della medesima)
 
 ECCLITICO
 Oh le gran belle cose
 che a intendere si danno
 a quei che poco sanno per natura!
 Oh che gran bel mestier ch’è l’impostura!
35Chi finge di saper accrescer l’oro,
 chi cavar un tesoro,
 chi dispensa segreti,
 chi parla de’ pianeti,
 chi vende mercanzia
40di falsa ipocrisia,
 chi finge nome, titolo e figura,
 oh che gran bel mestier è l’impostura.
 Io fo la parte mia
 con finta astrologia,
45ingannando egualmente i sciocchi e i dotti,
 che un bravo cacciator trova i merlotti.
 Eccone uno; ecco quel buon cervello
 del signor Buonafede.
 Da lui che tutto crede,
50con una macchinetta,
 inventata dal mio sottile ingegno,
 far un colpo galante ora m’impegno.
 
 SCENA II
 
 BUONAFEDE e detto
 
 BUONAFEDE
 Si puol entrar?
 ECCLITICO
                               Sì, venga; mi fa grazia.
 BUONAFEDE
 Servo, signor Ecclitico;
55in che cosa si sta lei divertendo?
 ECCLITICO
 Nella speculazion di varie stelle.
 Stav’or considerando
 l’analogia che unisce
 alle fisse l’erranti,
60al capo di Medusa il Can celeste,
 al cuore del Leon la Spiga d’oro
 ed all’Orsa maggior l’occhio del Toro.
 BUONAFEDE
 Oh bellissime cose!
 Anch’io d’astrologia son dilettante;
65ma quel che mi dà pena
 è il non saper trovar dottrina alcuna
 che mai sappia spiegar cos’è la luna.
 ECCLITICO
 La luna è un corpo diafano
 che da’ raggi del sol è illuminato;
70ma in quel bel corpo luminoso e tondo
 che credete vi sia? V’è un altro mondo.
 BUONAFEDE
 Oh che cosa mi dite!
 Colà v’è un altro mondo?
 Ma cosa son quei segni
75che si vedon nel corpo della luna?
 So che un giorno mia nonna,
 la qual non era sciocca,
 mi disse ch’ella avea gli occhi e la bocca.
 ECCLITICO
 Scioccherie, scioccherie. Le macchie oscure
80son del mondo lunar colline e monti.
 Non già monti sassosi,
 come da noi veggiam, ma son formati
 d’una tenue materia,
 la qual s’arrende e cede
85alla pression del piede;
 indi s’alza bel bello e non si stacca,
 onde l’uomo cammina e non si stracca.
 BUONAFEDE
 Oh che bel mondo! Ma ditemi, amico,
 come siete arrivato
90a scoprir cosa tale?
 ECCLITICO
 Ho fatto un canocchiale
 che arriva a penetrar cotanto in dentro
 che veder fa la superficie e il centro.
 Individua non solo
95i regni e le provincie
 ma le case, le piazze e le persone.
 Col mio canocchialone
 posso veder lassù per mio diletto
 spogliar le donne quando vanno a letto.
 BUONAFEDE
100Oh bellissima cosa!
 Ma dite, non potrei,
 caro Ecclitico mio,
 col vostro canocchial vedere anch’io?
 ECCLITICO
 Perché no! Benché io sia
105solo inventor della mirabil arte,
 voglio che ancora voi ne siate a parte.
 BUONAFEDE
 Obbligato vi sono e vi sarò.
 Vederete per voi cosa farò.
 ECCLITICO
 Nella specola entrate,
110nel canocchial mirate.
 Cose belle vedrete,
 cose rare, per cui voi stupirete.
 BUONAFEDE
 Vado e provar io voglio
 se con quel canocchial sì lungo e tondo
115alla luna poss’io vedere il fondo.
 Ma chi son que’ signori
 che donde io deggio entrar vengono fuori?
 ECCLITICO
 Sono scolari miei,
 amanti della luna come lei.
 
 SCENA III
 
 Gli scolari escono dalla specola e s’inchinano a BUONAFEDE
 
 BUONAFEDE
120Servitor obbligato.
 QUATTRO SCOLARI
 
    Felice e fortunato
 chi è amico della luna,
 per voi sì gran fortuna
 il cielo riserberà.
 
 BUONAFEDE
 
125   Il cielo mi conceda
 sì gran felicità.
 
 QUATTRO SCOLARI
 
    La vostra bella mente,
 che più d’ogn’altra sa,
 la luna facilmente
130conoscere potrà. (Partono)
 
 BUONAFEDE
 
    Il cielo mi conceda
 sì gran felicità. (Entra nella specola)
 
 ECCLITICO
 
    (Farò che tutto creda
 la sua semplicità).
 
135Olà, Claudio, Pasquino, (Vengono due servi)
 la macchina movete,
 fate ch’ella s’appressi al canocchiale,
 onde mirando in quella
 il signor Buonafede
140movere le figure ad una ad una
 creda mirar nel mondo della luna. (Partono i servi)
 Quanti sciocchi mortali
 con falsi canocchiali
 credono di veder la verità
145e non sanno scoprir le falsità.
 Quanti van scrutinando
 quello che gli altri fanno
 e sé stessi conoscere non sanno. (Si vede accostarsi alla cima del canocchiale una macchina illuminata, dentro la quale si muovono alcune figure)
 Il signor Buonafede
150ora di veder crede
 le lunatiche donne sol lassù
 e lunatiche sono ancor quaggiù. (Buonafede esce dalla specola ridendo)
 BUONAFEDE
 Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E cosa mai?
 BUONAFEDE
 Ho veduto una cosa bella assai.
 
155   Ho veduto una ragazza
 far carezze ad un vecchietto.
 Oh che gusto, oh che diletto
 che quel vecchio proverà!
 
    Oh che mondo benedetto,
160oh che gran felicità! (Torna nella specola)
 
 ECCLITICO
 Se una ragazza fa carezze a un vecchio,
 non la sprona l’amor ma l’interesse;
 lo vezzeggia, lo adora
 ma che crepi il meschin non vede l’ora. (Buonafede esce dalla specola)
 BUONAFEDE
165Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E che, signore?
 BUONAFEDE
 Una cosa per cui rido di cuore.
 
    Ho veduto un buon marito
 bastonar la propria moglie,
 per correggere il prorito
170d’una certa infedeltà.
 
    Oh che mondo ben compito!
 Oh che gusto che mi dà! (Torna nella specola)
 
 ECCLITICO
 Volesse il ciel che quanto
 fintamente ha mirato
175fosse nel nostro mondo praticato.
 Se gli uomini di garbo
 alle cattive mogli
 desser di bastonate un precipizio,
 avrebbero le donne più giudizio. (Buonafede torna a uscir dalla specola)
 BUONAFEDE
180Oh questa assai mi piace!
 ECCLITICO
                                                  Che vuol dire?
 BUONAFEDE
 Ho veduto il contrario
 di quello che fra noi si suol usare
 da un uomo e da una donna praticare.
 
    Ho veduto dall’amante
185per il naso esser menata
 certa donna innamorata
 che chiedeva invan pietà.
 
    Oh che usanza prelibata!
 Oh si usasse ancora qua!
 
 ECCLITICO
190E qui ancora si useria,
 se gli uomini non patisser la pazzia.
 BUONAFEDE
 Caro signor Ecclitico,
 ho veduto gran cose;
 e per farvi veder che son contento
195questa borsa tenete.
 ECCLITICO
                                        Oh meraviglio!
 BUONAFEDE
 Eh prendetela, via, che io così vuo’.
 ECCLITICO
 Se volete così, la prenderò.
 BUONAFEDE
 Diman ritornerò.
 ECCLITICO
                                   Siete padrone.
 BUONAFEDE
 Certo, quel canocchiale è assai ben fatto.
200Tutto, tutto si vede. Ho un gusto matto.
 
    La ragazza col vecchione,
 uh carina, bel piacere!
 Il marito col bastone,
 bravo, bravo, oh bel vedere!
205Una donna per il naso,
 che bel colpo! Che bel caso!
 Oh che mondo benedetto!
 Oh che gran felicità!
 
    Che piacere, che diletto,
210oh che gusto che mi dà!
 
 SCENA IV
 
 ECCLITICO, poi ERNESTO e CECCO
 
 ECCLITICO
 Io la caccia non fo alle sue monete;
 ma vorrei, se potessi,
 la sua figlia Clarice,
 custodita con tanta gelosia,
215torla dalle sue mani e farla mia.
 ERNESTO
 Amico, vi son schiavo.
 ECCLITICO
 Servo, signor Ernesto.
 CECCO
                                           Riverisco
 il signor segretario della luna.
 ECCLITICO
 Sei pazzo e tal morrai.
 ERNESTO
                                           Veduto uscire
220ho dalla vostra casa
 il signor Buonafede. È vostro amico?
 ECCLITICO
 Amico ed amicone
 della mia strepitosa professione.
 ERNESTO
 Egli ha una bella figlia.
 ECCLITICO
                                             Anzi n’ha due.
 CECCO
225Anzi rassembra a me
 che con la cameriera n’abbia tre.
 ERNESTO
 Son di Flaminia amante.
 ECCLITICO
 Ed io Clarice adoro.
 CECCO
 Per Lisetta ancor io spasimo e moro.
 ERNESTO
230L’ho chiesta a Buonafede
 ed ei me l’ha negata.
 ECCLITICO
 Spera di maritar le proprie figlie
 con principi d’altezza.
 CECCO
                                           E così spera
 a un conte maritar la cameriera.
 ECCLITICO
235Corrisponde Flaminia all’amor vostro?
 ERNESTO
 Mi ama con tutto il cor.
 CECCO
                                             La mia Lisetta
 per le bellezze mie par impazzita.
 ECCLITICO
 E Clarice è di me pur invaghita.
 Ditemi, vogliam noi
240rapirle a questo pazzo?
 ERNESTO
                                             Il ciel volesse!
 ECCLITICO
 Secondatemi dunque e non temete.
 CECCO
 Un ottimo mezzan so che voi siete.
 ECCLITICO
 Di denar come state?
 ERNESTO
                                          Quando occorra,
 io voterò l’erario.
 CECCO
245Io sacrificherò tutto il salario.
 ECCLITICO
 Andiamo; ho un machinista
 che prodigi sa far. Con il mio ingegno
 oggi di far m’impegno
 che il signor Buonafede, o sia baggiano,
250le tre donne ci dia con la sua mano.
 CECCO
 Oh bravo!
 ERNESTO
                      E come mai?
 ECCLITICO
                                                Tutto saprete.
 Preparate monete;
 preparate di far quel che dirò
 e la parola mia vi manterrò.
 
255   Un poco di denaro
 e un poco di giudizio
 vi vuol per quel servizio;
 voi m’intendete già.
 
    Contento voi sarete
260ma prima riflettete
 che il stolido e l’avaro
 mai nulla ottenirà.
 
 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
 Costui dovrebbe al certo
 esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
265Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna
 ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
 Tu dici male; Ecclitico è sagace
 e se in ciò noi compiace
270il fa perché Clarice ei spera ed ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
 render contenti i desideri suoi
 e vuol far il piacer pagare a noi.
 ERNESTO
 Orsù taci e rammenta
275chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni, padron, non parlo più.
 ERNESTO
 Vado in questo momento
 denaro a proveder. Tu va’, m’attendi
 d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
280mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
    Begli occhi vezzosi
 dell’idolo amato
 brillanti, amorosi,
285sperate che il fato
 cangiar si dovrà.
 
    Bei labbri ridenti
 del viso che adoro,
 sarete contenti
290che il nostro ristoro
 lontan non sarà.
 
 SCENA VI
 
 CECCO solo
 
 CECCO
 Qualche volta il padron mi fa da ridere.
 Ei segue il mondo stolido;
 cambia alle cose il termine
295e il nome cambia ben e spesso agli uomini.
 Per esempio a un ipocrita
 si dice uom divotissimo;
 all’avaro si dice un bravo economo
 e generoso vien chiamato il prodigo.
300Così appella talun bella la femmina,
 perché sul volto suo la biacca semina.
 
    Mi fanno ridere
 quelli che credono
 che quel che vedono
305sia verità.
 
    Non sanno i semplici
 che tutti fingono,
 che il vero tingono
 di falsità.
 
 SCENA VII
 
 Camera in casa di Buonafede con loggia aperta, tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
310Eh venite, germana,
 andiam su quella loggia
 a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitor austero
 ci ritrova colà, misere noi!
 CLARICE
315Che badi a’ fatti suoi.
 Ci vuol tener rinchiuse
 e dall’aria difese,
 come fossimo noi tele di ragno.
 FLAMINIA
 Fin che noi siam soggette
320al nostro genitor convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io, per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
 non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose
325avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggette più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
 non son più tanto austeri,
 aman la libertade al par di noi
330ed abbada ciascuno a’ fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda! Ah sventurate,
 se un geloso ci tocca!
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
335o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò;
 ma il segreto io so
 con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
340Se l’accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo spererei anch’io
 con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Ecclitico vostro
345è un uom ch’altro non pensa
 che contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
 che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna ovvero al sole,
350la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitore, io temo,
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
 un ottimo espediente.
 Maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
355Ciò so che non conviene a onesta figlia.
 Ma se amor mi consiglia,
 e il padre a me si oppone,
 io temo che all’amor ceda ragione.
 
    Ragion nell’alma siede
360regina de’ pensieri
 ma si disarma e cede,
 se la combatte amor.
 
    E amor se occupa il trono
 di re si fa tiranno
365e sia tributo o dono,
 vuol tutto il nostro cor.
 
 SCENA VIII
 
 CLARICE, poi BUONAFEDE
 
 BUONAFEDE
 Brava, signora figlia!
 V’ho detto tante volte
 che non uscite dalla vostra stanza.
 CLARICE
370Ed io tant’altre volte
 mi sono dichiarata...
 BUONAFEDE
 Eh ben, bene, fraschetta,
 so io quel che farò.
 CLARICE
                                     Sì, castigatemi;
 cacciatemi di casa e maritatemi.
 BUONAFEDE
375Se io ti maritassi
 non castigherei te ma tuo marito.
 Né castigo maggior dar gli potrei,
 quanto una donna pazza qual tu sei.
 CLARICE
 Io pazza? V’ingannate.
380Pazza sarei qualora
 mi lasciassi un po’ troppo intimorire
 e avessi per rispetto a intisicchire.
 
    Son fanciulla da marito
 e lo voglio, già il sapete,
385e se voi non mel darete,
 da me stessa il prenderò.
 
    Ritrovatemi un partito
 che sia proprio al genio mio
 o lasciate, farò io,
390se lo cerco il troverò.
 
 SCENA IX
 
 BUONAFEDE, poi LISETTA
 
 BUONAFEDE
 Se mandarla potessi
 nel mondo della luna, avrei speranza
 castigata veder la sua baldanza.
 LISETTA
 Serva, signor padrone.
 BUONAFEDE
                                            Addio Lisetta.
 LISETTA
395Vuol cenare?
 BUONAFEDE
                           È anco presto, aspetta un poco.
 LISETTA
 Ho posta già la panatella al foco.
 BUONAFEDE
 Brava, brava Lisetta! Oh se sapesti
 le belle cose che ho vedute!
 LISETTA
                                                    E cosa
 ha veduto di bello?
 BUONAFEDE
400Ho avuta la fortuna
 di mirar dentro al tondo della luna.
 LISETTA
 (Ecco la sua pazzia).
 BUONAFEDE
                                        Senti, può darsi...
 Sai che ti voglio ben, può darsi ancora,
 se tu mi sei fedel, se non ricusi
405di darmi un po’ d’aiuto,
 ch’io ti faccia veder quel che ho veduto.
 LISETTA
 Sapete pur ch’io sono
 vostra serva fedele e, se mi lice,
 vostra tenera amante
410(invaghita però sol del contante).
 BUONAFEDE
 Quand’è così, mia cara,
 della ventura mia ti voglio a parte.
 Vedrai d’un uomo l’arte
 quanto può, quanto vale;
415le prodezze vedrai d’un canocchiale.
 LISETTA
 Vorrei che un canocchial si desse al mondo
 con cui vedeste il fondo
 del mio povero cor che sol per voi
 arde d’amore e fede.
420(Egli è pazzo da ver, se me lo crede).
 BUONAFEDE
 Per rimirar là dentro
 in quel tuo cor sincero
 serve di canocchial il mio pensiero.
 Vedo che mi vuoi bene,
425vedo che tu sei mia.
 LISETTA
 (Ma non vede che questa è una pazzia).
 BUONAFEDE
 Doman ti vuo’ menar dal bravo astrologo,
 vedrai quel che si pratica lassù
 dalle donne da ben come sei tu.
 LISETTA
 
430   Una donna come me
 non vi fu né vi sarà;
 io son tutta amore e fé,
 io son tutta carità.
 Domandate a chi lo sa,
435sì ch’è vero ognun dirà.
 
    Io malizia in sen non ho,
 sono stata ognor così;
 poche volte dico no;
 quando posso, dico sì
440ma lo dico, già si sa,
 salva sempre l’onestà.
 
 SCENA X
 
 BUONAFEDE, poi ECCLITICO
 
 BUONAFEDE
 È poi la mia Lisetta
 una buona ragazza.
 Non è di quelle serve impertinenti
445che quando hanno la grazia del padrone
 vogliono in casa far le braghessone.
 ECCLITICO
 Ehi, signor Buonafede, (Di dentro)
 si puole entrar?
 BUONAFEDE
                                Oh cappari! Chi è qui!
 Venite, signorsì.
450Cos’è sta novità?
 Qualche cosa di grande vi sarà.
 ECCLITICO
 Compatite s’io vengo
 in quest’ora importuna a disturbarvi.
 Un segno d’amicizia io vengo a darvi.
 BUONAFEDE
455Oh! Che buona ventura a me vi guida?
 ECCLITICO
 V’è nissun che ci ascolti?
 BUONAFEDE
                                                No; siam soli.
 Parlate pur con libertà.
 ECCLITICO
                                             Voi siete
 l’unico galantuom ch’io stimo ed amo.
 Onde vi vengo a usar per puro affetto
460un atto d’amicizia e di rispetto.
 BUONAFEDE
 Obbligato vi son. Ma che intendete
 voler dire con ciò?
 ECCLITICO
                                    Vengo da voi
 per sempre a licenziarmi.
 BUONAFEDE
                                                  Oh dei! Per sempre?
 Ditemi, cosa fu?
 ECCLITICO
465Amico, addio; non ci vedrem mai più.
 BUONAFEDE
 Voi mi fate morir. Ma perché mai?
 ECCLITICO
 Tutto confido a voi. Sappiate, amico,
 che il grand’imperatore
 del bel mondo lunar con lui mi vuole.
470Io fra pochi momenti
 sarò insensibilmente
 trasportato lassù per mio destino
 e sarò della luna cittadino.
 BUONAFEDE
 Come! È vero? Oh gran caso! Oh me infelice
475se resto senza voi! Ma in qual maniera
 la voce di lassù poté arrivare?
 ECCLITICO
 Là nel mondo lunare
 un astrologo v’è come son io
 che ha fatto un canocchial simile al mio.
480Congiunti nella cima i canocchiali
 e levato il cristallo, o sia la lente,
 facilissimamente
 sento quel che si dice in altro mondo
 e col metodo stesso anch’io rispondo.
 BUONAFEDE
485Oh prodigio! Oh prodigio! Ed in che modo
 sperate andar tant’alto?
 Dalla terra alla luna vi è un gran salto.
 ECCLITICO
 Tutto vuo’ confidarvi.
 Dal canocchiale istesso
490il grande imperatore
 mi ha fatto schizzettar certo licore
 che quando il beverò
 leggiermente alla luna io volerò.
 BUONAFEDE
 Amico, ah se voleste,
495aiutar mi potreste.
 ECCLITICO
                                     E come mai?
 BUONAFEDE
 Schizettatemi un po’ di quel licore
 che v’ha mandato il vostro imperatore.
 ECCLITICO
 (Eccolo nella rete).
 BUONAFEDE
                                     E poi anch’io
 verrò lassù con voi.
 ECCLITICO
                                      Ma non vorrei
500che se n’avesse a mal sua maestà.
 BUONAFEDE
 È un signor di buon cor, non parlerà.
 ECCLITICO
 Orsù, mi siete amico;
 vi voglio soddisfar. Quest’è il licore,
 giacché non v’è nessuno,
505vuo’ che ce lo beviam metà per uno.
 BUONAFEDE
 E poi come faremo?
 ECCLITICO
 E poi ci sentiremo
 sottilizzar le membra in forma tale
 che andremo in su come se avessim l’ale.
 BUONAFEDE
510Beverei ma non so...
 Sono fra il sì ed il no.
 ECCLITICO
 Compiacervi credevo;
 se pentito già siete, io solo bevo. (Finge di bevere)
 BUONAFEDE
 Non lo bevete tutto
515per carità.
 ECCLITICO
                      Tenetemi, che ormai
 mi sembra di volare. Oh me felice!
 Oh singolar fortuna!
 Or or sarò nel mondo della luna. (Straluna gli occhi)
 BUONAFEDE
 Cos’avete negli occhi?
520Parete spirato.
 ECCLITICO
 Dallo spirto lunar son invasato.
 Addio. Vado.
 BUONAFEDE
                           Fermate.
 Voglio venir anch’io.
 ECCLITICO
                                        Ecco, tenete
 il resto del licor dunque e bevete.
 BUONAFEDE
525Ma le figliuole mie? Ma la mia serva?
 ECCLITICO
 Quando sarete là
 grazia per esse ancor s’impetrerà.
 Vado, vado.
 BUONAFEDE
                         Son qui. Bevo; aspettate. (Beve)
 ECCLITICO
 (Bevi, buon pro ti faccia.
530Io bevuto non ho. Fra pochi istanti
 dal sonnifero oppresso e addormentato
 crederà nella luna esser portato).
 BUONAFEDE
 Ecco bevuto ho anch’io.
 Mondo, mondaccio rio,
535per sempre t’abbandono.
 Uomo sopralunar fatto già sono.
 Ohimè! Sento un gran foco.
 ECCLITICO
 Soffrite; a poco a poco
 tramutar sentirete
540tutte le vostre membra; e goderete.
 BUONAFEDE
 Par che mi venga sonno.
 ECCLITICO
                                               Ecco l’effetto
 che fa il licor perfetto.
 BUONAFEDE
 Non posso star in piedi.
 ECCLITICO
                                              Accomodatevi. (Lo fa sedere)
 State pronto a salire e consolatevi.
 BUONAFEDE
545Mi sembra di volar.
 ECCLITICO
                                       Lo credo anch’io.
 BUONAFEDE
 Caro Ecclitico mio,
 ditemi dove sono. In terra o in aria?
 ECCLITICO
 Vi andate a poco a poco sollevando.
 BUONAFEDE
 Mi vo sottilizzando.
550Ma come uscir potrem da questa stanza?
 ECCLITICO
 Abbiamo in vicinanza
 un ampio fenestrone.
 BUONAFEDE
 Vado, vado senz’altro.
 ECCLITICO
                                          (Oh che babbione!)
 BUONAFEDE
 
    Vado, vado, volo, volo.
 
 ECCLITICO
 
555Bravo, bravo, mi consolo.
 
 BUONAFEDE
 
 Dove siete?
 
 ECCLITICO
 
                         Volo anch’io.
 
 BUONAFEDE, ECCLITICO A DUE
 
 Addio mondo, mondo addio. (Escono Clarice e Lisetta)
 
 CLARICE
 
 Caro padre, cosa c’è?
 
 LISETTA
 
 Padron mio, che cos’è?
 
 BUONAFEDE
 
560   Vado, vado, volo, volo.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Dove, dove.
 
 ECCLITICO
 
                         Oh che fortuna!
 
 BUONAFEDE
 
 Vo nel mondo della luna.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Muore, muore, ohimè che muore!
 
 BUONAFEDE
 
 Oh che gusto, oh che diletto!
 
 ECCLITICO
 
565Viva, viva, oh che fortuna!
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Muore, muore.
 
 BUONAFEDE
 
                               Cara luna,
 vengo, vengo, vengo a te. (S’addormenta)
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
    Muore, muore, presto, presto.
 Qualche spirto troverò.
570Presto, presto tornerò. (Partono)
 
 ECCLITICO
 
    Il buon sonnifero
 gli offusca il cerebro.
 Portar dagli uomini
 via lo farò.
 
575   Fabrizio, Prospero, (Vengono due servi)
 su via prendetelo
 e là portatelo
 nel mio giardin. (Portano via Buonafede)
 
    Le donne tornano
580e si disperano
 perché già credono
 morto il meschin. (Tornano Clarice e Lisetta)
 
 CLARICE
 
    Povero padre, ahi che morì.
 
 LISETTA
 
 Ahi che di vivere tosto finì.
 
 ECCLITICO
 
585No, non piangete; non è così.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Ahi che di vivere tosto finì.
 Ahi che tormento, ahi che morì.
 
 ECCLITICO
 
 Fe’ testamento, eccolo qui.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Ahi che tormento, ahi che morì!
 
 ECCLITICO
 
590   «Lascio a Clarice seimille scudi,
 se di sposarsi risolverà».
 
 CLARICE
 
 Era mortale, questo si sa.
 
 ECCLITICO
 
    «Lascio a Lisetta cento ducati
 quando il marito ritroverà».
 
 LISETTA
 
595Era assai vecchio, questo si sa.
 
 ECCLITICO
 
    Povero vecchio, più nol vedrete.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Ahi che tormento che voi mi date!
 
 ECCLITICO
 
 Pronta è la dote, se la volete.
 
 LISETTA, CLARICE A DUE
 
 Mi fate ridere, mi consolate.
600Viva chi vive; chi è morto è morto,
 dolce conforto la dote sarà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 Siegue il ballo, nel quale si rappresenta il mondo della luna in un globo trasparente, con l’astrologo ed il credulo che fanno le loro osservazioni e derisi dalle donne che attendono l’effetto dell’impostura. S’apre il globo ed escono da quello due uomini e due donne lunari che si figurano esser questi veduti già da Buonafede col canocchiale e descritti nelle sue canzonette, dopo di che s’uniscono ed intrecciano le loro danze.